Le porte chiuse — Esteban Dublín

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Mi terrorizzano le porte aperte. Mi dànno i brividi, soprattutto, quelle della casa della zia Etelvina. Ogni volta che vado a farle visita e trovo una stanza senza catenaccio, mi avvicino pallido di paura e, senza guardare dentro, chiudo la porta con un colpo secco. Tuttavia, con il passare delle ore, non so se è la mia memoria che mi gioca brutti scherzi o se è il vento che contribuisce alla riapertura della porta: tornando indietro per i corridoi, mi succede sempre di imbattermi nella camera che giurerei di avere chiuso con la sua porta spalancata. Nuovamente, mi avvicino, tremante e, questa volta, assicurandomi di girare la serratura, chiudo la stanza. Immobile, mi piazzo davanti alla stanza chiusa a chiave, ma non passa neanche un minuto che sento di nuovo tremare le mie gambe, mentre osservo la maniglia della porta che si muove lentamente per ritornare alla sua raccapricciante condizione naturale.


Esteban Dublín (Colombia), Las puertas cerradas


(Tradotto da Los cuentitos)

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